Arte

Articoli in primo piano

Salvatore Fiume e la Filanda

Visitata da Capitale Italia

La Filanda di Canzo, in provincia di Como,  è il luogo in cui il pittore Salvatore Fiume, decise di stabilire la propria abitazione nonché il proprio spazio di lavoro e dove visse con la sua famiglia sino alla sua morte avvenuta nel 1997. Accompagnati fra le stanze dell’originale dimora da Laura Fiume, figlia del grande maestro, anch’ella grafica e pittrice di talento, scopriamo piano piano questa spaziosissima dimora, oggi Fondazione Fiume, che conserva intatte tutte le caratteristiche di una fucina artistica. Qui il padre Salvatore, pittore, scultore, architetto, scrittore e scenografo,  artista eclettico, uno dei maggiori del Novecento, creò  i suoi capolavori, in spazi funzionali, come lo studio nella parte alta della Filanda, che domina il cortile con vista sull’intero edificio, e nel grande laboratorio, al primo piano, dotato di una grande parete scorrevole, che gli consentì di lavorare più agevolmente su tele di grandi dimensioni.

Esterno della Filanda com’era nel 1970

Se nel primo luogo il grande pittore creava e abbozzava, nel laboratorio metteva  a frutto il suo straordinario talento. Dipinti, sculture, scenografie, incisioni, progetti architettonici. Opere che si possono ammirare in parte ancor oggi nelle numerose  stanze della Filanda, a fianco a quelle della figlia Laura, che con il padre collaborò, e dal quale ebbe i primi insegnamenti intorno alla pittura. In una delle stanze centrali dell’abitazione vi è anche l’antico forno dove il pittore  cuoceva le sue ceramiche.  In vari spazi della casa vi sono inoltre i ricordi di famiglia, le fotografie di illustri personaggi che frequentarono l’abitazione come le stars di Hollywood fra cui Kirk Douglas, la cantante Sandy Show,  e le opere di artisti che incoraggiati dal maestro venivano ospitati e seguiti nella varie fasi della loro creazione e  collaboravano con lui nel suo lavoro, come facevano i grandi artisti del Rinascimento.

Salvatore Fiume con la figlia Laura

Qui Salvatore Fiume visse con la moglie Ines Gualazzi e i figli Laura  e Luciano dal 1952,  anno in cui decise di acquistare la filanda e di stabilirvisi definitivamente. Fu nel 1946 che il pittore di origini siciliane decise di trasformare  gli spazi di questa enorme  filanda dell’Ottocento  in studio e luogo di lavoro.  Dei capolavori di Salvatore Fiume oggi possiamo qui ammirare una  serie di opere sia di grandi dimensioni che di generi diversi e in cui traspare l’influenza pittorica dell’Ottocento impressionista che da Paul Cèzanne giunge a Paul Gauguin, al Fauvismo per la parte coloristica, a Pablo Picasso, a Henri Matisse,  e che continua sino alla pittura metafisica di Giorgio De Chirico, Alberto Savinio e Carlo Carrà. Per transitare a ritroso nella grande tradizione rinascimentale di Raffaello Sanzio, Leonardo Da Vinci  e Michelangelo Buonarroti .

Salvatore Fiume. Visitando la Mostra.

Una straordinario  equilibrio di stile e di colore che restituisce punti di vista così originali e moderni da lasciare ancora oggi sbalorditi. Sia per l’abilità creativa di Fiume che per la sua straordinaria fantasia e capacità di tradurre in pratica opere così diverse fra loro. Un genio del Novecento che merita di essere ancor più ampiamente conosciuto e celebrato sia per la sua grande abilità artistica che per la forte tradizione culturale che la sua opera conserva e è in grado di mostrare al visitatore. Una cultura tipicamente italiana che travalica i confini nazionali ed è capace di parlare al mondo forte dei suoi valori tradizionali, quelli del Rinascimento, uniti ai tratti più moderni  dell’arte moderna europea dell’Ottocento e del Novecento.


Salvatore Fiume . Dibattito sulle origini della donna m 1,70 x 4 m

Dicevamo che la Filanda non è solo un luogo di lavoro ma un’ abitazione familiare, a darne l’idea è indubbiamente il salotto, in cui Salvatore  Fiume riceveva i suoi ospiti, uno spazio ampio in cui si può ammirare uno  dei suoi capolavori : “Scienziati discutono sulle origini della donna”, una grande tela che oltre a mostrare la sua abilità pittorica sulle grandi dimensioni, presenta allo spettatore la sua brillante ironia. Altra dote questa che  caratterizzò in diverse fasi tutta  la sua arte. Ciò che colpisce il visitatore nella visita alla Filanda è il suo graduale avvicinarsi alla comprensione teorica  del processo di creazione artistica da parte di un maestro del Novecento.

Il Salotto della Filanda

La filanda infatti non è un museo, ma un luogo originale, concepito per la famiglia e per il lavoro di un artista, che mostra al pubblico come Salvatore Fiume creava e realizzava le proprie opere  mettendo il visitatore al centro della comprensione di tale processo. E svelando  il pittore nella sua vera personalità,  un uomo in continua e costante creazione sino alla fine. Alla Filanda è già attivo da diversi anni un programma per visite guidate a favore di tutti  coloro i quali desiderino conoscere e comprendere uno dei più illustri artisti italiani del Novecento nella sua cornice più intima e privata.

Per maggiori approfondimenti intorno alla figura di Salvatore Fiume si rimanda al sito della fondazione all’indirizzo www.fiume.org



Chiusa la mostra DA MONET A WARHOL. I capolavori della Johannesburg Art Gallery a Sarnico

Vista da Capitale Italia

Dal  19 maggio sino al 3 settembre 2023, la Pinacoteca G. Bellini di Sarnico ha  presentato la mostra DA MONET A WARHOL. Capolavori della Johannesburg Art Gallery curata da Simona Bartolena e da Massimo Rossi.  Sessanta opere, tra olii, acquerelli e grafiche, che ripercorrono oltre un secolo di arte internazionale, attraverso i suoi maggiori interpreti, da Claude Monet a Edgar Degas, da Dante Gabriel Rossetti a John Everet Millais, da Pablo Picasso a Francis Bacon, da Roy Lichtenstein a Andy Warhol e molti altri.  L’esposizione ricorda Nelson Mandela (1918-2013), a 10 anni dalla scomparsa. Il museo sudafricano vanta una collezione di 8500 opere d’arte e quella esposta a Sarnico è stata solo una piccola parte dei capolavori conservati a Johannesburg, anche se le opere presentate nella mostra bergamasca sono autentici gioielli che dall’Ottocento arrivano sino agli anni “60.



Arte e sensualità nelle case di Pompei

Una mostra per raccontare la centralità delle immagini sensuali e erotiche nelle domus di Pompei PALESTRA GRANDE DAL 21 APRILE 2022 AL 15 GENNAIO 2023

  Frammento Satiro e Menade provenienza non precisata

Stupore, curiosità, imbarazzo sono tra le emozioni che archeologi e visitatori hanno provato dinnanzi a pitture e sculture da Pompei e da altri siti vesuviani sin dalle prime scoperte nel ‘700. Con l’avanzamento degli scavi diventava sempre più evidente che immagini dal contenuto sensuale ed erotico, spesso distanti da una visione classicista del mondo antico, caratterizzavano praticamente tutti gli spazi della città, dalle case private alle terme, da osterie e bettole oscure, agli spazi pubblici della collettività. Tra le ultime scoperte, che hanno suscitato molto interesse, la casa di Leda e il cigno e il carro cerimoniale con decorazioni erotiche di Civita Giuliana. Con un pubblico molto eterogeneo, proveniente da tutto il mondo, che in questi mesi sta tornando a Pompei, la domanda di come spiegare l’onnipresenza della sensualità nell’immaginario di Pompei è più attuale che mai. 

E’ questa l’esigenza ‘didattica’ da cui prende spunto la nuova mostra organizzata dal Parco Archeologico di Pompei dal titolo “Arte e sensualità nelle case di Pompei”, inaugurata il 21 aprile alla Palestra grande degli scavi e visitabile fino al 15 gennaio 2023. A cura del Direttore Gabriel Zuchtriegel e dell’archeologa Maria Luisa Catoni, professoressa all’IMT Alti Studi Lucca, la mostra si propone di essere una “chiave di lettura” che aiuti il pubblico a comprendere meglio quello che si vede nel sito. Il progetto della mostra prevede, infatti, oltre all’esposizione alla Palestra grande un itinerario alla scoperta di vari edifici del sito caratterizzati da affreschi e riferimenti al tema, raggiungibili con il supporto dell’App My Pompeii, che include una sezione dedicata. Tra le 70 opere in mostra, tutte provenienti dai depositi del Parco Archeologico di Pompei, anche i due medaglioni in bronzo con scene erotiche del carro cerimoniale da Civita Giuliana e il raffinato soffitto del cubiculum (stanza da letto) rinvenuto in crollo sul pavimento, poi ricomposto e restaurato, della Casa di Leda ed il cigno, e le 3 pareti del cubicolo della Villa di Gragnano in località Carmiano, ricostruito dopo il recente restauro. La mostra valorizza così anche le recenti scoperte nell’ambito del Grande Progetto Pompei e delle nuove indagini condotte sotto la direzione di Massimo Osanna, oggi Direttore generale Musei e autore, con Luana Toniolo, del saggio “Il mondo nascosto di Pompei. Il carro della sposa, la stanza degli schiavi e le ultime scoperte” edito da Rizzoli.

  Il nucleo centrale della mostra ospita opere da Oplontis – Ermafrodito e Satiro e due coppie di Centauri – in un allestimento-installazione che cerca di ricostruire la dimensione esperienziale, quasi cinematografica, che evoca il contesto e l’immaginario antico. Inoltre, una guida per bambini, I Centauri di Pompei a firma del direttore con disegni di Daniela Pergreffi, si prefigge di spiegare un tema “difficile” ai più piccoli, seguendo le tracce del centauro Mares alla ricerca di una centauressa. Oltre a godersi il percorso di mostra, lungo il racconto, piccoli e grandi lettori incontreranno una serie di figure centrali del mito antico, da Narciso a Dioniso e Arianna.

Stauetta di Venere Villa Poppea Oplontis

“In questi tempi di emergenza pandemica e di guerra, la mostra vuole essere un inno alla resilienza del bello – dichiara il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – ma lo vuole essere in una prospettiva storica, che ci aiuta a comprendere che anche in passato arte e immaginazione fossero intrecciate con relazioni e gerarchie sociali, culturali e politiche. Che oggi possiamo ammirare a Pompei una città antica con affreschi, statue e arredi trovati nella posizione in cui furono seppelliti durante l’eruzione del 79 d.C., è un dono meraviglioso della storia che dobbiamo preservare e trasmettere alle future generazioni. La mostra, che è quasi una specie di introduzione alla visita del sito, vuole contribuire a questo, valorizzando anche molte opere in deposito che in alcuni casi sono state restaurate e sottoposte a nuovi studi per essere esposti.”




La cappella degli Scrovegni a Padova

 La deposizione di Cristo, capolavoro spaziale e di espressività dell’arte di Giotto

Visitata da Capitale Italia

Capolavoro pittorico trecentesco la cappella degli Scrovegni fu realizzata da Giotto su commissione di Enrico Scrovegni, facoltoso banchiere di Padova, che per espiare le colpe del padre Reginaldo per aver prestato denaro a strozzo, investì simbolicamente nella cappella il denaro indebitamente guadagnato, onde poter godere del perdono della Chiesa. Il risultato fu una grande ciclo di affreschi che illustrano la vita della Madonna e di Gesù, nonchè il Giudizio Universale.

L’effetto avvolgente della decorazione pittorica della  Cappella degli Scrovegni è ciò che di meglio l’arte di Giotto possa consegnare al visitatore odierno, conscio del fatto che la struttura e i dipinti, sono stati riportati allo splendore originale dopo un ventennio di restauri, perché degradati dall’incuria e da scelte sbagliate nel corso dell’Ottocento, periodo in cui la Cappella venne isolata dall’originario palazzo signorile degli Scrovegni ad essa adiacente.  La Cappella concepita originariamente come luogo di culto privato che potesse però ospitare anche i fedeli della città, con il passare del tempo  assunse le caratteristiche di un luogo pubblico di culto. Acquistata nel corso del novecento dal Comune di Padova, che ha provveduto ai lavori di restauro, è tutt’oggi bene pubblico gestito dallo stato.  Fra le opere di maggior importanza realizzate da Giotto la Cappella degli Scrovegni, fu realizzata dal genio fiorentino quand’egli era già famoso. Essa propone, fra l’altro, una serie di innovazioni che Giotto introdusse per la sua realizzazione e che in parte  ebbero seguito nelle opere dei  pittori a lui successivi.

Il Giudizio Universale di Giotto databile intorno al 1306

Mi riferisco all’originale idea di realizzare su una parete della Cappella il  Giudizio Universale, aspetto questo per la prima volta illustrato da un pittore italiano e abilmente interpretato in un grande affresco. L’introduzione quindi della tecnica medioevale riproducente l’effetto del finto marmo. Tecnica questa dimenticata e riproposta in modo esemplare da  Giotto. Quindi il rivolo sulle guance delle donne che piangevano la morte di Gesù, aspetto forse unico nella storia dell’arte europea mai più riproposto.

La Croce di Giotto

Ed ancora, il disegno dei rivoli di sangue  delle mani e dei piedi inchiodati alla croce del Cristo dipinto sul grande e ligneo crocefisso realizzato dal pittore fiorentino per la Cappella degli Scrovegni. Come, infine, il disegno  del rivolo di sangue che dal cuore di Gesù si congiunge a rosso del ricamo sul fondo del dipinto, quasi a inglobare per sempre  in esso anche il corpo del protagonista.  Queste sono solo alcune delle scelte innovative e geniali di Giotto, che unite alle innovazioni in senso rinascimentale della sua pittura, lo annoverano di diritto  fra i principali artisti di tutti i tempi.