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Abiti e gioielli nel Cinquecento.
Articolo di Paola Tinagli
Paola Tinagli è storica dell’arte e ricercatrice. Ha pubblicato diversi libri sulle donne nel Rinascimento fra cui “Women in Italian Renaissance Art” uscito come gli altri in Gran Bretagna.
Angelo Bronzino – Ritratto di Lucrezia Panciatichi. Olio su tavola, 1541, Galleria degli Uffizi, Firenze.
Le donne del Rinascimento, che non avevano la possibilità di agire nella sfera pubblica a meno che non appartenessero alle famiglie regnanti o non fossero delegate dai loro mariti a occuparsi di affari durante la loro assenza, potevano segnalare la loro identità, stato sociale e gusto attraverso i loro abiti e ornamenti, rispettando allo stesso tempo le regole provenienti dall’uso comune o dettate dalle leggi suntuarie. Nel suo leggibilissimo libro, La Raffaella ovvero Dialogo della bella creanza delle donne, pubblicato nel 1539, il senese Alessandro Piccolomini commenta con arguzia aspetti dell’abbigliamento femminile, mettendo in evidenza anche l’importanza del gesto e del modo di muoversi in modo corretto: “Voglion le vesti… esser ampie e doviziose, ma non però tanto che la persona ne rimanga troppo scommodata. E quest’ampiezza importa assai, perchè non si vede mai peggio, che quando noi vediam alcune de le nostre gentildonne che vanno per Siena con certe vestarelle, che non vi è dentro sedeci brazza di drappo, con le loro sberniette (mantelline) che non gli arrivano al culo a una spanna, e aggirandosene una parte al collo, e tenendone un lembo in mano, con qual si coprono mezzo viso, e’ van facendo le mascare per la strada; e con l’altra mano alzandosi la veste di dietro, acciocchè non si logori toccando terra, vanno per la strada co una certa furia, con un tric trac di pianellette, che par ch’elle abbino il diavolo fra le gambe. E forse che si alzan cosí per mostrar il piè galante con un poco di gambetta tutta attillata? Anzi, mostran que’ pieacci larghi, mal tenuti, con certe pianelle tutte scortecciate per la vecchiezza… Voglio ancora che queste vesti, cosí ampie come ti dico, sieno piene di liste, tagli, tagliuzzi, recami e altre simili cose; alcun’altra volta sieno tutte pure, perché questa varietà di vestire mostra gran sontuosità e ha molto del buono”. La maggior parte dei trattati sul comportamento e sulla moda, ovviamente, erano indirizzati alle élites cittadine. Alcuni, come Il Cortegiano di Baldassare Castiglione (pubblicato nel 1528), proponevano un ideale per l’uomo di corte e la “dama di palazzo”. Tutti sono concordi nel consigliare alle donne un comportamento e movimenti consoni alle virtù femminili, come la modestia e, come scrive Castiglione, “una certa timidità, che mostri quella nobile vergogna che è contraria della impudenzia ” . Castiglione aggiunge “Deve ancor accomodar gli abiti a questa intenzione e vestirsi di sorte, che non paia vana e leggera…” sottolineando quindi la necessità di poter distinguere dal comportamento e dagli abiti le “donne oneste” dalle prostitute, che per legge dovevano essere vestite in modo appropriato al loro mestiere, e indossare un velo o un fazzoletto bordati o d’oro o di stoffa gialla, una regola che in realtà non era sempre osservata.
Nella società del Rinascimento, i vari gruppi sociali erano distinti anche da quello che indossavano, dai tessuti che venivano usati e dal materiale, quantità e qualità degli ornamenti: ciò che era permesso ai regnanti, all’aristocrazia, ai ricchi mercanti e alle loro famiglie, e poi via via fino ai contadini, era codificato sia dall’uso che dalle leggi suntuarie, diverse, naturalmente, da città a città. Queste leggi venivano promulgate non solo per permettere di identificare questi gruppi sociali, ma anche per non far spendere ai cittadini somme troppo alte nel vestiario invece di usarle in modo da farle fruttare. Chi non obbediva veniva multato. A Firenze, per esempio, nel 1562, alle ragazze nubili, anche se appartenenti a una famiglia nobile, era vietato indossare camore, sottane o robe di velluto, damasco o satin, ma era permesso indossare lo stesso tipo di biancheria delle donne sposate. Potevano ornarsi i capelli con una ghirlanda d’oro e una catena o una collana di perle d’oro o di granate, per un massimo di dodici scudi. Non potevano calzare scarpe o pianelle di drappo, ma potevano mettere un cappello di drappo o di paglia, del costo massimo di 4 scudi. Doveva però essere molto difficile riuscire a far rispettare questi regolamenti, perchè in tutte le città le leggi suntuarie venivano continuamente cambiate e aggiornate.
Durante il Cinquecento gli abiti femminili di lusso, come pure gli ornamenti e i gioielli, diventano sempre più sfarzosi, e sono influenzati da elementi provenienti dalla Francia e dalla Spagna. Durante la prima metà del secolo le sottane vengono spesso indossate senza robe, come nel ritratto di Lucrezia Panciatichi dipinto dal Bronzino, mentre più tardi le sottane si trasformano in gonne con o senza un corpetto, e si indossano sotto una zimarra o un robone, più pesante, con bottoni, lasciata aperta dalla vita in giù. Le scollature sono ampie e quadrate, spesso ornate dall’orlo ricamato della camicia, o coperte da un velo sottilissimo increspato o solo appoggiato sulle spalle. Dopo la metà del secolo, seguendo influenze spagnole, il corpetto perde la scollatura quadrata, e le nuove scollature a punta con i colletti rialzati sono ingentilite dal grande colletto decorato della camicia e, più tardi, dalle gorgiere pieghettate di velo, le lattughe, spesso ricamate o orlate da trine, che circondano il collo e incorniciano il viso. Gli spallini diventano un ornamento importante, e sono portati bassi. Talvolta sono rigonfi, come nel ritratto di Lucrezia, o imbottiti e rigidi – una forma che non viene più usata dopo gli anni quaranta del Cinquecento. Le maniche sono sempre un elemento a cui viene data molta importanza: a volte sono di colore diverso da quello dell’abito, altre volte sono decorate da cordoncini d’oro, e da tagli da cui fuoriesce la camicia (i tagli sono un elemento che viene sempre vietato dalle leggi suntuarie, contrarie a eccessive decorazioni). La vita è segnata al posto giusto, per poi allungarsi in una punta, mentre il corpetto diventa sempre più rigido e rivela l’uso o di imbottiture o del busto, che è rinforzato da stecche di legno o di ferro. Eleonora di Toledo possedeva anche due busti interi di ferro. La gonna, a pieghe morbide durante la prima metà del secolo, perde le pieghe e diventa più rigida, con una forma a cono, che richiede un guardinfante, detto anche faldia o faldiglia,per tenerla scostata dalle gambe. Era fatto di cerchi in diversi materiali – giunco, o strisce di legno o di ferro foderate di stoffa, oppure cucite dentro una sottana. Le cinture diventano un accessorio indispendabile da portare con gli abiti con la vita segnata: possono essere semplici catene d’oro, o veri e propri esempi di gioielleria artistica, con grossi grani d’oro lavorati che ricordano i rosari, spesso traforati così da contenere sostanze profumate, come muschio e ambra o con gemme incastonate.Un accessorio che figura in molti ritratti, e anche nelle lettere e inventari, è una pelle di zibellino o martora o ermellino, da portare sulla spalla o attaccata alla cintura con una catenella, con la testina in oro decorata con pietre preziose e perle.
Gian Paolo Lomazzo, nel suo Trattato dell’arte della pittura, sculture et architettura (1584) scrive che il pittore deve comunicare il rango della persona ritratta con abiti e gioielli appropriati. Usando un olio essicante come legante per i pigmenti in polvere, e sovrapponendo velature trasparenti a strati opachi, i pittori possono rappresentare nei minimi dettagli tessuti e gioielli, insieme alla lucentezza dell’oro, delle perle e delle pietre preziose. Inoltre, lasciando indietro la convenzione di rappresentare le donne di profilo, dagli anni ottanta del Quattrocento pittori come Leonardo e poi Raffaello, possono trasmettere allo spettatore non solo l’impressione di poter capire “i moti dell’animo”, come li chiamava Leonardo – cioè i sentimenti, la personalità della persona ritratta – ma anche di immaginare una specie di “dialogo silenzioso”. Gli occhi diventano un elemento importantissimo di questo “dialogo”. Possiamo notare come Maddalena Doni, con il suo sguardo sfuggente, sia conscia della sua posizione di sposa novella e di donna virtuosa, mentre se guardiamo ritratti “di stato”, come quello di Eleonora di Toledo, vediamo come Bronzino sia riuscito a sottolineare la distanza della duchessa dallo spettatore: Eleonora ci guarda “dall’alto in basso”, come si conviene a una donna del suo rango.
Raffaello, Ritratto di Maddalena Doni, olio su tavola, c.1505-07, Firenze, Galleria Palatina.
Un ultimo suggerimento: quando guardiamo le vesti e i gioielli indossati dalle donne rappresentate nei dipinti dovremmo immaginarli in movimento, e pensare anche a come l’abito modella il corpo e come cambia il modo di camminare, di sedersi, di girarsi. Dovremmo immaginare anche come i diversi tessuti e i gioielli rispondano al movimento e ai cambiamenti della luce: il luccichio dei fili d’oro e d’argento, la brillantezza cangiante della seta, i riflessi morbidi del velluto, la leggerezza dei veli.Maddalena di Giovanni Strozzi sposò il ricco mercante di stoffe Agnolo Doni nel gennaio 1504, quando aveva quindici anni. Agnolo Doni ne aveva trenta, e aveva occupato posti importanti nel governo della repubblica fiorentina. Collezionava antichità, e commissionava opere da Raffaello, Michelangelo e Fra Bartolomeo.Raffaello riesce a imitare l’apparenza dei vari tessuti e la consistenza della pelle, e a dare profondità al modellato con un chiaroscuro sfumato. In questo ritratto, che fa il paio con quello del marito, Maddalena indossa una gamurra di seta marezzata rosso aranciato, con il corpetto ornato da liste di velluto blu scuro e occhielli d’oro, e un’ampia gonna a pieghe morbide. Dalle grandi maniche di un damasco blu intenso allacciate al corpetto da nastri esce la camicia di tela di rensa. L’ampia scollatura del corpetto segna una delle differenze tra la moda del Quattrocento e quella della prima metà del Cinquecento. Le spalle, arrotondate e idealizzate dal pittore in modo da formare un semicerchio, sono coperte da un velo con i bordi ricamati in filo nero. Sopra le mani che riposano sul bracciolo di una sedia si intravede una catena d’oro che segna l’attaccatura della gonna, più alta del punto di vita – anche questo tipico della moda dei primi anni del Cinquecento. Il gioiello che pende dal collo di Maddalena ha un significato appopriato ad una sposa, ma ha anche valore apotropaico: l’unicorno che orna la montatura dello smeraldo era un simbolo di castità, come pure lo smeraldo, che si pensava avesse anche poteri curativi. Lo zaffiro simboleggiava la purezza, mentre il rubino era un augurio di prosperità e fertilità. Una grossa perla scaramazza a pera completa il pendente. Le perle erano uno dei gioielli più apprezzati, indossate durante tutto il periodo in considerazione. Erano considerate un segno di purezza e virginità, e per questo venivano donate alle spose.
Tiziano, “La Bella”, olio su tela, 1536-37, Firenze, Galleria Palatina.
Il duca di Urbino, Francesco Maria della Rovere, in una lettera del maggio 1536 al suo ambasciatore a Venezia, chiede che gli sia spedito “…. quel retratto di quella donna che ha la veste azurra (sic)…”, che aveva visto, ancora da finire, nella bottega di Tiziano. Siamo quindi di fronte a uno dei ritratti di “Belle Donne” che erano presenti nelle collezioni di quadri del tempo: la bellezza delle donne veniva descritta e lodata nella poesia contemporanea, discussa in trattati e “dialoghi”, e rappresentata dai pittori in dipinti come questo. “La Bella” non è quindi il ritratto di un individuo. L’abbigliamento della “Bella” è parte del suo fascino, e fa risaltare la candida carnagione e il colore biondo scuro dei capelli, due caratteristiche del canone della bellezza femminile nel Rinascimento. L’ abito della “Bella” è di damasco azzurro, con un corpetto tagliato in vita e tutto ricamato a bande con filo d’oro, con i larghi spallini rigonfi e imbottiti tipici della moda degli anni 30 del Cinquecento, e con delle maniche di velluto pavonazzo guarnite da sottili cordoncini d’oro e da tagli da cui fuoriesce la camicia. Il corpetto, gli spallini e le maniche sono anche decorate da strisce di pelliccia marrone che si intravedono dai tagli più lunghi, trattenuti a metà da fiocchetti rosso e oro. L’ampio scollo quadrato è sottolineato dal bordo della camicia pieghettata e ricamata, e sulle spalle della “Bella” è posato un velo sottilissimo intessuto e bordato con filo d’oro. La gonna invece non ha le fitte decorazioni ricamate del corpetto: qui il damasco, con i suoi disegni tono su tono, appare in tutta la sua bellezza. La mano destra della “Bella” trattiene un capo pendente di una bellissima cintura d’oro, con pomi forati che venivano riempiti di sostanze profumate. Sul polso destro è appoggiata la pelliccia di uno zibellino, un oggetto di gran lusso, spesso decorato da una testina d’oro, che rimarrà di moda per tutto il secolo. Una catena d’oro e orecchini d’oro con rubini e perle completano il lussuoso abbigliamento, che sarebbe certamente stato vietato dalle leggi suntuarie veneziane del tempo.
Sono da notare gli orecchini pendenti, assenti nel Quattrocento, ma che sono presenti dal Cinquecento in poi.

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Bronzino, Ritratto della duchessa di Firenze Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni, olio su tavola, c. 1545, Firenze, Galleria degli Uffizi.Google Cultural Institute.
Eleonora di Toledo, la figlia del viceré spagnolo di Napoli, Don Pedro di Toledo, aveva sposato il duca di Firenze Cosimo I de’ Medici nel 1539, all’età di diciassette anni, un matrimonio vantaggiosissimo per Cosimo, il secondo duca di Firenze, che si era così assicurato l’appoggio dell’imperatore Carlo V. Eleonora, che apparteneva a un rango più elevato di Cosimo e la cui ricchezza personale superava quella del marito, aveva portato a Firenze l’etichetta e la formalità della corte spagnola di Napoli. Questo ritratto venne usato come prototipo per un numero di ritratti a mezzo busto di Eleonora, che venivano mandati in regalo a regnanti stranieri. Eleonora è rappresentata contro lo sfondo blu del cielo, che diventa un alone di luce intorno alla sua testa. Lo sguardo è remoto, distaccato, e il viso non mostra alcuna emozione. La veste e i gioielli, che Bronzino raffigura con estrema attenzione ai dettagli, sono un messaggio importantissimo per la corte fiorentina e per i Medici, che dovevano affermarsi tra le altre, più antiche, famiglie artistocratiche, come gli Este e i Gonzaga. Il tessuto della sottana che Eleonora indossa, costosissimo, è una dimostrazione della maestria dei tessitori fiorentini, e anche di quella del pittore, che riesce a imitare tutte le caratteristiche dei tessuti e degli ornamenti. Il velluto controtagliato nero è rappresentato in rilievo, e lascia un’ ombra leggera sulla sottile tela d’argento, broccata di ricci d’oro e d’argento di diverse altezze, con il motivo a melagrana, che era un simbolo di fertilità, e anche una delle imprese della moglie di Carlo V, l’imperatrice Isabella. Le maniche sono attaccate al corpetto da cordoncini di filo d’oro fermati da bottoni anch’essi d’oro, e dagli spallini esce la tela leggera della camicia che, insieme ai cordoncini e ai bottoni d’oro, è visibile anche lungo tutte le maniche fino al polso, dove è decorata da un ricamo in filo nero. Il corpetto è liscio e rigido, secondo la moda spagnola, e fa capire che è stato foderato, probabilmente con feltro o un’altra stoffa pesante.La scollatura quadrata è coperta da una reticella d’oro decorata di perle, e una simile reticella trattiene i capelli della duchessa, che indossa due collane di perle, una delle quali con un pendente formato da un diamante incastonato in oro e una perla a pera. Una nappa di perle più piccole, l’unico oggetto che dà l’impressione di movimento, verso di cui si stende la mano di Eleonora, orna la cintura che segna la vita un po’ allungata del corpetto. La cintura è composta da maglie d’oro e da compassi con gemme incastonate.Questa veste descritta così dettagliatamente da Bronzino non figura nei dettagliati inventari degli abiti della duchessa. Esiste però un pezzo di tessuto molto simile (Museo Nazionale del Bargello, Firenze), ed è stato ipotizzato che Bronzino abbia forse lavorato da una pezza di stoffa e non da un abito intero.
Giovan Battista Moroni, Ritratto di Isotta Brembati, c. 1552-53, olio su tela, Bergamo, Palazzo Moroni.
Isotta Brembati, una poetessa proveniente da una delle più importanti famiglie bergamasche, era al centro della vita culturale di Bergamo durante la seconda metà del Cinquecento. In questo ritratto di grandi dimensioni è rappresentata seduta, una posa che fino ad allora era stata usata solo per regnanti, e che mette in evidenza sia il suo alto stato sociale che la sua fama di poetessa. L’abito che Isotta indossa, di un bellissimo broccato verde-oro, è decorato con un motivo applicato di tralci di foglie e fiori, più piccolo e fitto nel corpetto e nelle maniche, che si allarga poi nella gonna. Questo abito è stato visto come un esempio del passaggio dalla moda veneziana a quella spagnola, che dominerà durante l’ultimo quarto del Cinquecento. Dall’amplissimo scollo quadrato, con gli spallini molto bassi, esce una camicia leggera ricamata con filo rosso, che si alza poi in un largo colletto rovesciato – un elemento di vestiario che diventa essenziale durante le ultime decadi del Cinquecento. Sulle spalle è posato uno zibellino con la testina d’oro decorata con pietre preziose e perle, e con una catenella d’oro che è fermata alla ricca cintura, anch’essa d’oro, con un fiocchetto di nastro rosa. Oltre a collane, bracciali, anelli, orecchini e gioielli per i capelli, Isotta tiene in mano un ventaglio di piume di struzzo con un manico d’oro, un’altro oggetto che parla di eleganza.
Lavinia Fontana, Ritratto di nobildonna, c. 1584, olio su tela, Washington, National Museum of Women in the Arts.
Con questo dipinto la pittrice bolognese Lavinia Fontana, molto ammirata per i suoi ritratti sia a Bologna che a Roma, ci permette di seguire i cambiamenti della moda durante l’ultimo quarto del Cinquecento. Non sappiamo chi sia la donna ritratta, ma era certamente una aristocratica che fa mostra non solo della sua ricchezza, ma anche – sia attraverso la presenza di un cagnolino, simbolo di fedeltà coniugale, che per la sua rigida compostezza – di quelle virtù che erano considerate tipicamente femminili. Caratteritistici della moda di questo periodo sono il corpino rigido a punta e l’ampia gonna non più a pieghe morbide, ma tenuta scostata dal corpo dal guardinfante. Le larghe scollature spariscono, e il volto è incorniciato da alti colletti o da lattughe di tela leggera, arricciate e bordate da trine. In questo ritratto la veste è di velluto rosso, ornato da cordoncini rossi e d’oro verticali, con ricami di filo d’oro e d’argento a motivi floreali. La veste è tagliata in modo da far vedere la sottana, di un ricchissimo tessuto crema con bande bianche e oro per la parte superiore, e tutta d’oro per la gonna. Il corpetto della veste è aperto fino alla vita, ha spallini imbottiti abbassati e maniche corte che lasciano vedere le maniche della sottana. Lattughine al collo e ai polsi incorniciano viso e mani. I gioielli sono parte integrante dell’abito, con il corpino ornato da una lunga catena d’oro e perle, trattenuta da un ricchissimo pendente d’oro con pietre prezione e perle, mentre una collana formata di castoni d’oro con pietre preziose alternati ad altri con perle, a cui è appeso un grande pendente a forma di croce, cinge la base del collo della dama. La vita è segnata da una cintura che ripete, con variazioni, il motivo della collana. Alla cintura è attaccata una catena d’oro che trattiene la testa ingioiellata di uno zibellino. L’abbigliamento è completato da orecchini pendenti, e da un ricchissimo gioiello per i capelli chiamato ghirlanda, che riportano entrambi il motivo di castoni d’oro con pietre preziose e perle. La ghirlanda poteva anche essere indossata come una collana o una cintura. In questo ritratto alla ghirlanda sono stati aggiunti dei motivi floreali molto di moda per le acconciature per i capelli in questo periodo. Sia l’abito che i gioielli sono descritti con grande precisione da Lavinia Fontana, e la sua tecnica ci fa capire quanto l’osservatore contemporaneo sarebbe stato attento a questi importanti dettagli.
Lavinia Fontana, Ritratto di Costanza Alidosi, 1594, olio su tela, Washington, National Museum of Women in the Arts.
La nobildonna bolognese Costanza Alidosi era la moglie di un senatore legato alla famiglia Medici, e Costanza, duarante le frequenti assenze del marito, si curava degli affari della famiglia. La sua autorità, la sua ricchezza e le sue virtù coniugali sono rappresentate in questo ritratto dalla posa, dagli oggetti scelti per accompagnare la fagura, e come sempre dagli abiti. Costanza è rappresentata seduta vicino a un tavolo, con le braccia scostate dal corpo e appoggiate ai braccioli della sedia. È vestita con una sottana di seta broccata d’oro, e con una roba di velluto nero ornata da galloni con un motivo di nodi intrecciati ricamati con filo d’oro. Il corpetto come sempre è decorato più fittamente, ed è chiuso con bottoni d’oro. Dagli spallini imbottiti esce la camicia di tela finissima, che si apre, intorno alla scollatura, in un colletto abbellito da fitte pieghettature. Le maniche sono un vero tour de force di ricami e intrecci in argento su fondo oro. Costanza indossa due collane di perle, di cui una corta con una perla a pera pendente, e una lunga e trattenuta allo scollo, con un pendente a forma di croce in oro e pietre preziose. La bellissima cintura d’oro che pende sulla gonna della roba è formata da piccoli contenitori traforati – piccole clessidre alternate a sfere – che venivano riempiti di pasta odorosa. Una cintura simile è descritta in una lista di regali fatti da Camilla Martelli, la seconda moglie di Cosimo I de’ Medici, alla figlia Virginia nel 1585: “Un cinto di profumo che sono 29 vasi d’oro et 25 bottoni d’oro con vaso grande in fondo”. Sul tavolo sono appoggiati due braccialetti d’oro, con pietre preziosi e smalti. Costanza tiene in mano un fazzoletto da mano di finissima tela di resa orlata con una trina. Con la stessa mano tiene in grembo un cagnolino – anche lui con un ricco collare – simbolo di fedeltà coniugale. L’acconciatura dei capelli è la parte più semplice del suo abbigliamento: nastri d’argento avvolti intorno a una treccia, e un piccolo velo blu scuro orlato d’oro e trattenuto con un gioiello al sommo del capo.
Paola Tinagli






