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Intervista alla grande modella SYLVIA GOBBEL
A cura di Marco Buscarino
Carismatica, sensuale, la modella Sylvia Gobbel è stata un’icona della fotografia mondiale. Immortalata dal grande fotografo Helmut Newton negli anni “80, divenne simbolo di bellezza nell’arte fotografica. In seguito top model per i migliori fotografi internazionali, fra cui la leggenda Guy Bourdin, il cui mentore fu Man Ray, Gianpaolo Barbieri, Oliviero Toscani, Peter Lindbergh. La sua immagine ha fatto il giro del mondo, uscendo sulla copertina del libro di Newton “Big Nudes” e sulle più note riviste di moda, come Vogue, Elle, Cosmopolitan, Glamour, Marie-Claire solo per citarne alcune. La famosa modella austriaca, oggi vive a Parigi e ha risposto ad alcune nostre domande sulla sua carriera di top model e sulla sua vita odierna.
Sylvia com’è stato lavorare con Helmut Newton?
È stata una grande scuola per il resto della mia vita di modella. Con lui tutto era molto professionale. Capelli, trucco, styling, ogni piccolo dettaglio veniva deciso da lui personalmente. Non c’era posto per l’improvvisazione. Helmut sapeva esattamente l’immagine che avrebbe scattato fin dall’inizio. Mi diceva di stare lì immobile e di tenere sempre la stessa posizione a volte per molto tempo, per sistemare tutti i dettagli prima dello scatto.
Ci puoi parlare di lui. Si dice che eri la sua modella preferita, secondo te perchè?
Sì. Abbiamo parlato molto. Ho avuto la possibilità di confrontarmi con lui in tedesco, in inglese e in francese. Gli piaceva mescolare tre lingue, non era un problema per me. Abbiamo lavorato molto bene, perché gli piaceva la mia mentalità tedesca, professionale. Non aveva bisogno di spiegare molto, capivo subito quello che voleva. Helmut aveva molto umorismo. E anche se lui era un vero professionista nel lavoro, ridevo e mi divertivo per tutto il tempo in cui ero impegnata con lui. Per un po’ sono stata la sua modella preferita, è vero. Per tutti i motivi che ho appena spiegato; gli piaceva il mio aspetto fisico ma anche la mia mente. Gli piacevano le donne forti. Non sapevo di aver queste caratteristiche e che un giorno sarei stata un donna ancora più forte di allora. Avevo solo 19 anni quando ho iniziato a lavorare con lui.
Oggi di cosa ti occupi?
Ho smesso di fare la modella a 30 anni per avere una famiglia. Ho due figlie, che sono belle e intelligenti Potrebbero essere modelle, ma hanno preferito studiare. Circa 7 anni fa una agenzia di moda mi ha chiesto di tornare in affari di nuovo come modella “classica” o “vintage” o qualunque cosa volessi ….. Ho anche organizzato casting e sfilate di moda per i giovani designer.

C’è un fotografo con cui ti piacerebbe lavorare in particolare? Perché?
Si è Ellen von Unwerth. È una delle migliori fotografe di moda del momento. Lavorava con Helmut come modella e penso che sia stata influenzata dalla sua impostazione fotografica. Si può vederlo nelle sue immagini, anche se lei ha ormai raggiunto il suo speciale e inconfondibile stile. C’è così tanto glamour ma anche umorismo e divertimento nelle sue immagini, i suoi lavori comunicano atmosfere positive.
Anche Gianpaolo Barbieri ti ha fotografato, come è stato il vostro rapporto professionale?
È un gentiluomo. Ha così tanto gusto della bellezza e della moda. È uno dei miei fotografi preferiti da sempre. Mi ha fatto bellissime foto. Gli sarò sempre grata. Un giorno spero di vederlo di nuovo e magari avere il piacere di lavorare di nuovo con lui.
Molte ragazze oggi vogliono intraprendere la tua professione cosa ti senti di dire loro?
Naturalmente essere una top model è il sogno di molte ragazze giovani. A chi volesse diventarlo vorrei dire di prepararsi a essere giudicata ogni singolo giorno per il proprio fisico. Dovrete essere forti, perché non è l’affascinante vita che vi hanno sempre fatto immaginare …
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Mi piace vivere il presente, ho intenzione di viaggiare molto come turista e non come modella … Vorrei visitare tutti i luoghi più belli dove sono stata spesso, ma in cui non ho avuto tempo nè di conoscere le persone nè le nazioni … vorrei fare più viaggi “su strada” con uno zaino. Sono stanca di hotel di lusso e di 4 stelle … Lì la vita reale non c’è … Il mio cuore è aperto alle persone vere .
Virginia Bresciana
Nel V secolo d.C. Appio Claudio, decemviro che governava Roma si invaghì di una giovane plebea, Virginia, promessa sposa di Lucio Icilio, tribuno della plebe. Dopo aver tentato di sedurla, ma senza esito, la trascinò con un complotto in tribunale, e Virginia venne ridotta in schiavitù. Di ritorno dalla guerra, il padre della ragazza, Lucio Virginio, sdegnato dal sopruso pugnalò la figlia per sottrarla al disonore. La vicenda sfociò in una rivolta popolare che portò alla fuga da Roma di Appio Claudio. La vicenda fu narrata dallo storico romano Tito Livio nell’opera Ab Urbe condita. Un dramma d’amore sullo sfondo di una vicenda impregnata di soprusi. Un sacrificio quello della giovane Virginia non vano ma generatore di libertà.

Questa tragica storia ispirò artisti di tutti i tempi divenendo nel corso dei secoli il simbolo della ribellione alla tirannide. Ad essa si ispirarono grandi letterati e pittori, quali Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. Geoffrey Chaucer ne parlò nei Racconti di Canterbury, Sandro Botticelli raffigurò l’intera vicenda nel grande dipinto dal titolo Virginia Romana, oggi conservato all’Accademia Carrara di Bergamo. Vittorio Alfieri ne fece una tragedia teatrale, e Alessandro Manzoni ne parlò nell’Adelchi facendo riferimento alla “Virginia Bresciana” di Franco Salfi. Quest’ultimo nel 1797, si ispirò anch’egli alla vicenda della Virginia per scrivere una tragedia ambienta a Brescia nell’VIII secolo, in pieno periodo gallico longobardo, ma in riferimento alla neonata Repubblica Cisalpina. La Virginia Bresciana, bella e nobile ragazza in procinto di sposarsi, venne pretesa dal luogotenente di Carlo Magno, Ismondo, che aveva conquistato la città di Brescia. Alle richieste del tiranno seguì un diniego della ragazza, la quale venne imprigionata insieme al fidanzato con l’accusa di cospirazione. Il padre di Virginia, Edoardo, li fece scarcerare promettendo la figlia a Ismondo, ma appena liberata, il genitore pugnalò la figlia davanti al tiranno. Il popolo bresciano alla vista del cadavere della giovane insorse, scacciando i Galli da Brescia. Nella Virginia Bresciana inoltre l’autore chiamò il popolo longobardo di Brescia con l’appellativo di bresciani, dando così credito alle teorie di Niccolò Macchiavelli intorno alle origini del popolo italiano che vedeva nei Longobardi i discendenti degli italiani (Monica Ibsen). La sua è una linea interpretativa della storia fatta propria in precedenza anche da Carlo Sigonio e da Ludovico Antonio Muratori. Lo stesso Muratori aveva tratto ispirazione per la formulazione delle sue tesi dal filosofo Gottfried Wilhelm von Leibniz, che lo aiutò ad avviare nuovi studi sul Medioevo, aprendo così nuove frontiere alla storiografia europea. Questa nuova interpretazione farà chiarezza in modo inequivocabile intorno alle origini del popolo italiano.

Il Manzoni nell’Adelchi, all’interno del Discorso sulla storia longobardica del 1822, argomentò il suo punto di vista sulle origini del popolo italiano in riferimento alla teoria del Salfi, enunciata nella Virginia Bresciana, dando in tal modo avvio ad un vero e proprio dibattito di stampo risorgimentale, coronato con l’edizione definitiva dei Promessi Sposi del 1840. Aspetto questo di assoluta rilevanza, probabilmente indispensabile, insieme alla creazione di altre opere artistiche e letterarie messe a punto nello stesso periodo da uomini di cultura italiani, per creare le premesse ideologiche per la costituzione di uno stato unitario. Saranno poi i moti risorgimentali veri e propri a unire l’Italia e a coronare il sogno di libertà del popolo italiano. Intorno al 1850 Saverio Mercadante scrisse l’opera Virginia su libretto di Salvatore Cammarano, quest’ultimo librettista di Gaetano Donizetti e di Giuseppe Verdi. Per il primo scriverà fra gli altri “Lucia di Lammermoor” e per il musicista di Busseto “Il trovatore”. La Virginia di Mercadante andrà in scena per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli nel 1866 e sarà l’ultima opera del musicista e compositore pugliese. Ci sono due finali per la storia della Virginia dell’opera musicale di Saverio Mercadante nei libretti poetici di Cammarano. Nella prima edizione, quella del 1866, la storia finisce con la morte della giovane plebea Virginia pugnalata dal padre per non consegnarla ad Appio Claudio. Nell’edizione successiva probabilmente del 1899, il finale include la sollevazione del popolo romano contro Appio Claudio che si scaraventa contro di lui e dove si può immaginare di tutto. Gli storici datano da tale episodio la nascita della Repubblica Romana. Nella Virginia Bresciana di Franco Salfi, tragedia ispirata dagli stessi fatti, ma ambientata in epoca diversa, il popolo insorge contro il tiranno Ismondo nello stesso modo e, il promesso sposo di Virginia, Ridolfo, affronta il luogotenente di Carlo Magno e lo uccide.

della prima edizione della Bella Virginia
L’imperatore del Sacro Romano Impero che controllava la città di Brescia, ne rimase talmente colpito da lasciare i bresciani al loro destino. Il presagio di ciò che sta per accadere alla Virginia nell’opera di Mercadante, lo si riscontra nella scena due del secondo atto come descritto nell’edizione del libretto del 1899 ed è quanto avviene anche nella tragedia del Salfi. Nel lavoro di Cammarano il presagio viene descritto come timore, nonostante il padre di Virginia, Lucio Virginio, abbia voluto accellerare le nozze della figlia per impedire al decemviro tiranno Appio di averla. Operazione vana perché questi avvisato da Marco Claudio, suo complice, ucciderà il suo promesso sposo Icilio e per mezzo di un processo farsa, farà di Virginia la sua schiava. Il testo dell’opera lirica contiene anche alcune note positive come il momento tanto atteso del matrimonio fra Virginia e Icilio, che all’improvviso diviene realtà. Quegli attimi che precedono la tragedia, sono descritti con naturale ed efficace serenità. La tragedia del Salfi, Virginia Bresciana, qui adattata per il teatro in prosa moderna da Marco Buscarino, attualmente conservata in edizione cartacea presso il Museo Storico di S. Giulia di Brescia, ha costituito l’idea letteraria su cui si è basato lo spettacolo musicale “La Bella Virginia”. In esso hanno trovato spazio, oltre alla vicenda della stessa Virginia su musiche dell’opera omonima di Saverio Mercadante, anche le gesta delle eroine del melodramma Giulietta, Marie, Saffo, Gilda rispettivamente presenti nelle opere di Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Giovanni Simone Mayr e Giuseppe Verdi. Il concerto lettura è stato proposto con grande successo in anteprima nazionale nel 2019 nell’Aula del ‘400 dell’Università di Pavia, nell’ambito della XXXV stagione “Musica in Università” dal Gruppo Fiati Musica Aperta, con i soprani Rosa Jung Hyewon e Dajeong Park. Oggi la vicenda della Virginia costituisce anche un percorso assai colto e letterario tra Milano, Brescia, Bergamo e Lecco creato da Buscarino pubblicato da Touring Magazine rivista del Touring Club Italiano.
La Virginia

La “riscoperta” della tragedia del Salfi è avvenuta nel 1998, da parte di Marco Buscarino che ha ridotto il testo del Salfi in prosa moderna e lo ha adattato per il teatro (l’originale del 1797 di Vincenzo Saverio Salfi è in endecasillabi). L’opera è stata pubblicata in versione cartacea da Desca edizioni, a cura del Comune di Brescia e dei Civici Musei, della Provincia di Brescia e della Fondazione Cab. La Virginia Bresciana nella riduzione e adattamento di Buscarino, è stata inserita in appendice alla mostra internazionale “Il Futuro dei Longobardi” in programma a Brescia nel 2000.
Rassegna stampa dell’edizione cartacea :
“Rai TG3”, a cui l’autore ha concesso una intervista, “Sipario”, “Il Giorno”, L’Eco di Bergamo”, “Il Giornale di Brescia” e “Brescia-oggi” sul quale è apparso un articolo a firma dell’autore.

La Virginia Bresciana nella riduzione di Buscarino è inoltre citata nei seguenti testi:
Il Patalogo 22 a cura di Franco Quadri, Annuario dello Spettacolo italiano, UBU Libri. I Longobardi dalla caduta dell’impero all’alba dell’Italia, Catalogo della mostra a Palazzo Bricherasio Torino, Silvana editoriale. Il testo è iscritto nei cataloghi dell’ Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e conservato presso Il Museo Storico di Santa Giulia di Brescia.
La storica dell’arte Monica Ibsen, inquadra la tragedia Virginia Bresciana di Franco Salfi nel dibattito ottocentesco e attribuisce un ruolo centrale al testo del Salfi sulle origini del popolo italiano. Il suo intervento compare nel catalogo della mostra “ I LONGOBARDI. Dalla caduta dell’impero all’alba dell’Italia”, che si è svolta al Palazzo Bricherasio di Torino nel 2008. Nella bibliografia del catalogo viene citata la riduzione teatrale e in prosa moderna della Virginia Bresciana a cura di Marco Buscarino edizione 1998.
